L’Europa si trova a metà strada nel suo “Decennio Digitale”, un’iniziativa che non è soltanto una roadmap tecnologica, ma un progetto politico, economico e culturale di lungo periodo. Il 2025 è l’anno di verifica strategica: la recente Comunicazione della Commissione Europea sullo Stato del Decennio Digitale 2025 fotografa avanzamenti, ritardi, rischi e opportunità.
Tecnologia come leva di sovranità
Il documento evidenzia con forza la necessità di rafforzare le capacità sovrane europee in settori come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori, il cloud e la cybersecurity. Dietro a questi ambiti tecnologici si cela una questione sistemica: l’Europa non può permettersi di restare un utilizzatore passivo di tecnologie sviluppate altrove, spesso soggette a normative e logiche estranee ai suoi valori democratici.
Il tema della sovranità digitale va dunque ben oltre la retorica: riguarda la capacità di autodeterminazione, la resilienza delle filiere strategiche, la tutela delle infrastrutture critiche e, in ultima istanza, la tenuta del modello europeo.

Dalla policy alla realtà: un cantiere ancora incompleto
Nonostante alcune accelerazioni (5G, eHealth, edge computing), la fotografia scattata nel report evidenzia un avanzamento disomogeneo. Le lacune più rilevanti si riscontrano nelle competenze digitali, nella diffusione delle tecnologie abilitanti nelle PMI, nella capacità computazionale e nella maturità delle infrastrutture condivise.
La transizione digitale, quindi, rischia di restare frammentata. E se il mercato non è pronto, nemmeno la regolazione può supplire. Servono modelli collaborativi, alleanze industriali, strumenti finanziari innovativi e, soprattutto, visione strategica condivisa.
Il ruolo delle imprese nella costruzione di una traiettoria europea
Qui si apre uno spazio cruciale per il contributo delle imprese, non solo in termini di adozione tecnologica ma di partecipazione attiva alla governance del cambiamento. Il report indica chiaramente che la trasformazione digitale non può essere lasciata al solo mercato o alle sole istituzioni: è un processo che richiede co-investimento, co-progettazione, co-responsabilità.
Le imprese che sapranno interpretare questa trasformazione non come una compliance tecnologica, ma come leva per la propria evoluzione organizzativa e strategica, avranno un ruolo chiave nel rafforzare la competitività europea.

Competenze, infrastrutture, sostenibilità: le tre sfide da integrare
In questa prospettiva, tre elementi assumono valore sistemico:
- Le competenze: il capitale umano è il vero moltiplicatore del valore digitale. Le imprese devono investire non solo nella formazione specialistica, ma in una cultura del dato e dell’innovazione diffusa.
- Le infrastrutture condivise: il futuro passa da architetture distribuite, sicure, interoperabili. Questo richiede scelte tecnologiche consapevoli e partecipazione a ecosistemi aperti.
- La sostenibilità: la trasformazione digitale e quella ecologica non possono viaggiare su binari separati. La pressione energetica dei data center, l’impatto ambientale delle AI factories, la gestione etica dell’innovazione sono temi da affrontare oggi, non domani.

Uno spunto per chi guida il cambiamento
Per chi, come IMC, accompagna organizzazioni pubbliche e private nei percorsi di trasformazione, il documento della Commissione rappresenta una guida preziosa: la digitalizzazione è una priorità strategica su cui serve una visione ampia, capace di connettere governance, tecnologia, persone e impatti. Non basta introdurre soluzioni innovative: è necessario progettarle in modo integrato, costruendo nel tempo competenze e resilienza organizzativa.
IMC continuerà a seguire da vicino l’evoluzione della governance europea del digitale, con l’obiettivo di aiutare le organizzazioni a trasformare policy complesse in scelte operative concrete.





